Chiaia
Chiaia, ottavo volume dell’opera di Italo Ferraro, Napoli. Atlante della Città Storica, è il secondo dei due volumi dedicati alle aree esterne occidentali, dopo Pizzofalcone e "Le Mortelle”; esso però è anche l’ultimo degli otto volumi dedicati alle parti urbane: Centro Antico, Quartieri Bassi e Risanamento, Quartieri Spagnoli, dallo Spirito Santo a Materdei, Stella Vergini Sanità, San Carlo all’Arena e Sant’Antonio Abate, Pizzofalcone e Le Mortelle, Chiaia.
Con ciò si conlude un ciclo, quello dedicato alla conoscenza della città, vissuta per ambiti territoriali, e perciò contenitori di tempi e forme diverse della sua vita; seguiranno altre direzioni di conoscenza, “la struttura della città”, che individuerà le tappe significative della sua formazione attraverso monumenti e strade che la compongono, in generale non esaminati finora nella loro unitarietà.
Si tratta dell’opera più completa mai pubblicata sulla storia, la forma urbana e le architetture di una singola città; e non poteva essere che Napoli, la più estesa e conservata città storica del mondo che, ancora oggi, conserva tutti i tempi e le forme della sua millenaria costruzione. A capo di una “ricerca paziente”, l’Atlante riapre il dibattito culturale sugli studi urbani e sul futuro urbanistico della città.
In diciotto capitoli, Chiaia descrive in modo ordinato e sistematico, minuziosamente e senza pregiudizi, la formazione della città vicereale e le successive trasformazioni fino all’800 con il corso Vittorio Emanuele ed al ‘900.
Dagli antichi resti romani alla “crypta neapolitana”, dalla spiaggia di San Lorenzo, “plaja” allo “jus piscandi”, già durante il Ducato, dalle diverse ipotesi sulla “via Puteolana”; anche qui angioini ed aragonesi sono stati presenti, ma anche per essi la quantità delle notizie prevale sui resti concreti e sperimentabili, come del resto per il periodo del Rinascimento in genere.
La storia di Chiaia diventa più sperimentabile dal XVII secolo in avanti con l’Ascensione, San Giuseppe, i primi palazzi alla Riviera tra i quali quello Barile; è poi con il Settecento che si realizzano le opere e la città che sono arrivate fino a noi e che, persino, sono state talora interessate dalle trasformazioni dell’Ottocento e del Novecento: il palazzo Roccella, quello del Vasto, la caserma di Cavalleria. L’antichissima Piedigrotta, i pasesaggi incantati di Mergellina, sono stati completamente sostituiti da paesaggi “moderni” che ne hanno mutato il destino.
Ed è proprio su questi temi di contraddizione, “antico e moderno”, “naturale ed artificiale”, che la cultura avrebbe potuto scontrarsi ma non l’ha fatto: ma è ancora possibile parlare del mare e dell’architettura della città, dell’avventura urbana.